Il rischio è parte integrante di qualsiasi atto medico ed è giusto che il paziente ne venga messo al corrente. Quando però parliamo di rischi col paziente, siamo sicuri di essere capiti sino in fondo? Dare l'idea di quanto un rischio sia grande non è per niente facile e, spesso, i criteri adottati per quantificarlo e il linguaggio utilizzato per descriverlo non sono omogenei. Come esprimere in modo più semplice questi concetti così da renderli più comprensibili a chi poi potrebbe sperimentarli sulla propria pelle?
Le possibili scale per esprimere il rischio
I rischi vengono generalmente espressi in termini probabilistici (tabella 1), un linguaggio che la gente comune fa fatica ad assimilare. La prima difficoltà si presenta già di fronte all'ampia divaricazione esistente tra gli estremi dei possibili rischi - si va, ad esempio, da una probabilità di 1 su 10 di morire di cancro ad una di 1 su 10 milioni per anno di essere colpiti da un fulmine.
La scala logaritmica
La scala logaritmica del rischio non è la sola a presentare una così ampia divaricazione: è così anche per tutti i sistemi che misurano l'intervallo fra i valori su una scala logaritmica, come la scala Richter per i terremoti, la scala decibel per i suoni e il pH per l'acidità e la basicità. Occorre anche sottolineare un fatto importante ossia che le risposte dell'uomo a molti stimoli sensoriali non seguono una relazione lineare tra la grandezza reale e quella percepita. Qualcosa di simile o forse di ancora più complesso, sembra che avvenga anche nella percezione della entità e della rilevanza dei rischi.
In che modo questo linguaggio per esperti può essere reso comprensibile ai "non addetti ai lavori"?
L'utilizzo di una scala visiva
Una scala numerica logaritmica è utile per definire rischi di differente grandezza ma non offre la possibilità di apprezzare quanto siano diverse tra loro queste entità. Spesso una rappresentazione grafica come quella riportata nella figura 1 consente una migliore comprensione. Per rappresentare più ordini di grandezza, non si dovrà ricorrere a "ipercubi multidimensionali" ma basterà utilizzare il cubo più grande come cubo di partenza per rappresentare i 3 successivi ordini di grandezza. Esistono però anche metodi più semplici.
Scala del rischio basata sulle distanze
In alternativa alla visualizzazione diretta della magnitudo del rischio, si possono utilizzare delle analogie, come quella delle distanze. In questa scala, una barra lunga un metro rappresenta l'evento avverso. Un rischio di 1 su 10 può essere indicato dalla probabilità di imbattersi casualmente in questa barra scegliendone una a caso su una linea immaginaria di 10 metri, formata da dieci barre di un metro ciascuna; un rischio di 1 su 100 si può esprimere nella probabilità di trovare questa barra lungo un percorso di 100 metri e via dicendo. Così, dovendo spiegare al paziente cosa significa correre un rischio di 1 su 1.000 si può affermare che egli ha la stessa probabilità di sviluppare un determinato evento negativo come quella di trovare quella barra lunga un metro, che rappresenta l'"unità rischio", su una distanza di un chilometro oppure, se il rischio è di uno su 1 milione, di trovarla tra Milano e Reggio Calabria. Se il rischio è di 1 su 1 miliardo si dovrebbe immaginare di imbattersi in questa barra percorrendo una distanza pari a 25 volte la circonferenza terrestre all'equatore o superiore a quella di andata e ritorno tra la terra e la luna.
Scala verbale del rischio
Gli esempi precedenti danno una definizione del rischio basandosi su concetti matematici. È possibile anche trasformare le probabilità di rischio da numeri in parole utilizzando la seguente terminologia:
> a 1 su 100 rischio alto
da 1 su 100 a 1 su 1000 rischio moderato
da 1 su 1000 a 1 su 10.000 rischio basso
da 1 su 10.000 a 1 su 100.000 rischio molto basso
da 1 su 100.000 a 1 su 1.000.000 rischio minimo minimo
< a 1 su 1.000.000 rischio trascurabile
Questo modo di quantificare il rischio può dimostrarsi molto utile, a condizione di superare la oggettiva difficoltà di mettersi d'accordo sul significato delle singole definizioni.
Scala di rischio basata sulle dimensioni delle comunità
Un ulteriore tentativo di semplificazione può essere fatto esprimendo la scala del rischio con entità che, pur presentando dimensioni molto variabili, possono essere di facile identificazione. Poiché tutti siamo interessati a conoscere cosa significa per noi, per le nostre famiglie o la nostra comunità un determinato rischio, potrebbe essere naturale rapportare questo stesso rischio alle dimensioni delle comunità o delle strutture di aggregazione sociale dell'uomo (tabella).
Si tratta ovviamente solo di una approssimazione, dal momento che i nuclei familiari non sono tutti uguali, le grandi città possono avere più o meno di 1 milione di abitanti e la popolazione mondiale non ha ancora raggiunto i 10 miliardi, ma può offrire una misura orientativa comprensibile e sensata, adatta allo scopo che ci si è prefissati. Questo schema di riferimento consente di esprimere i rischi in termini di "una persona fra quelle che abitano lungo una via, o una persona fra quelle che vivono in una città o una persona nell'ambito di una intera regione". Certo dovrebbe essere specificata la natura del rischio (ad esempio se si tratta di morte o di un danno fisico), quale popolazione ne è interessata (ad esempio tutti o solo quelli che svolgono un lavoro rischioso) ed il periodo in cui il rischio viene calcolato (ad esempio lungo l'arco di tutta la vita o per un solo anno). Le prime due indicazioni sono abbastanza semplici, mentre la terza risulta spesso confondente. Ad esempio, il rischio di morte in un anno per un fumatore è di 1 su 200 ("una persona fra quelle di una via") ma, se si considera l'intero arco della vita, il rischio è quasi di 1 su 4 (cioè di una persona per famiglia) (vedi tabella) In questo modo l'entità del rischio viene commisurata alle dimensioni delle comunità nelle quali l'uomo vive e la scala verbale di rischio - "una persona per via", "una per città", "una per regione" ha il suo equivalente numerico calcolato sulle relative probabilità. Un rischio "normale" ha valori di magnitudo compresi tra 9 e 5; è improbabile che capiti di imbattersi in eventi con magnitudo inferiore. In base a questa scala, ad esempio, ci si potrà attendere che ogni anno morirà una persona che abita nella nostra strada, che una persona nella vicina città venga assassinata e che una persona nella nostra regione sia colpita da un fulmine.
Conclusioni
I modi di descrivere l'entità di un rischio sono svariati. Si può utilizzare una scala visiva, una scala rapportata alle distanze oppure scale verbali che fanno riferimento alle dimensioni delle comunità dell'uomo, giustificando empiricamente l'utilizzo di una scala di rischio da 0 a 10. Un tipo di approccio non ne esclude necessariamente un altro: una determinata situazione di rischio può essere spiegata ricorrendo ad una combinazione dei metodi presentati.
Conoscere l'entità del rischio a cui ci si espone è il primo gradino della comprensione. Il passo successivo può essere quello di confrontare la grandezza di questo rischio con quella di altri rischi. Ad esempio il rischio di venire uccisi da un fulmine è un millesimo del rischio di morire per un incidente stradale. Il confronto dei rischi è un aspetto controverso, soprattutto quando si confrontano rischi con caratteristiche molto diverse. Anche questa diversità, tuttavia, può tornare utile quando si deve cercare di far comprendere l'entità del rischio anziché insistere sul fatto che un dato rischio debba essere accettabile se più piccolo, o non accettabile, se più elevato, rispetto ad altri rischi che fanno parte della nostra vita di tutti i giorni. Indubbiamente, confrontare rischi dalle caratteristiche simili è più semplice, ma anche quando si devono illustrare rischi relativi, è comunque importante definire il rischio in termini assoluti. La reazione della gente nell'apprendere che il rischio di un trattamento A è, ad esempio, il doppio di un trattamento B è molto diversa a seconda del grado di rischio assoluto. La cosa importante è riuscire a far capire che, pur trattandosi in entrambi i casi di un raddoppiamento del rischio, ha un rilevanza molto diversa passare da 1 caso su un milione a due casi su un milione e passare invece da 1 caso su 100 a 2 su 100. Emblematico a questo proposito l'esempio relativo ai contraccettivi orali di terza generazione e al clamore ingiustificato che si è creato qualche anno fa intorno ai rischi emersi.
Oltre all'aspetto probabilistico, il rischio può essere considerato sotto numerosi altri aspetti come ad esempio la gravità dell'evento avverso in questione. Inoltre, l'atteggiamento della gente nei confronti dei rischi dipende dal contesto generale - se ad esempio il rischio lo si corre volontariamente o lo si subisce, se gli eventi avversi sono concentrati o diluiti nel tempo o distribuiti in aree diverse e infine a seconda che il rischio venga presentato in forma positiva o negativa. Fattori molto importanti sono anche il fatto che il rischio venga temuto o venga visto come qualcosa di sconosciuto; i rischi percepiti come ignoti e temuti provocano ansia e preoccupazione. In linea di principio sarebbe possibile estendere le scale di rischio illustrate in precedenza in modo da tener conto della diversa gravità degli eventi avversi o da includere misure più sofisticate, come ad esempio gli anni di vita persi, o ancora, per distinguere fra contesti diversi. Tuttavia questo complicherebbe inutilmente uno strumento che, proprio grazie alla sua semplicità, serve a comunicare i concetti basilari del rischio. Le scale hanno lo scopo di illustrare la probabilità che compaia un evento avverso (come la morte o un danno fisico) lasciando gli approfondimenti a chi possiede maggiore preparazione. Queste scale di rischio sono destinate ad una comunicazione di primo livello. Naturalmente hanno bisogno di essere verificate sul campo. Il loro valore dipende esclusivamente dal fatto che riescano o meno a migliorare la capacità degli esperti di comunicare i rischi e quella della gente di capirli.
Esempi dell'uso di un linguaggio semplice per esprimere i rischi
Allo stato attuale delle conoscenze le probabilità che nell'arco di un anno a qualcuno capiti questo determinato evento negativo sono una su 100. Questo livello di rischio corrisponde alla probabilità di essere scelti a caso fra le persone che si dispongono, ad un metro l'una dall'altra, lungo una linea immaginaria di 100 metri. In altre parole significa che durante un anno ci si può aspettare che questo evento si manifesti in una persona per ogni via. Molte persone ritengono questo livello di rischio moderatamente alto rispetto ad altri rischi che fanno parte della vita di tutti i giorni.
Allo stato attuale delle conoscenze le probabilità che a qualcuno capiti questo determinato evento negativo sono una su 1.000. Questo livello di rischio corrisponde alla probabilità che un individuo ha di essere scelto a caso fra le persone che si dispongono, a distanza di un metro l'una dall'altra, su una linea immaginaria lunga un chilometro. In altre parole significa che ci si può aspettare che questo evento si manifesti in una persona per ogni piccolo paese. Molte persone ritengono questo livello di rischio moderatamente basso rispetto ad altri rischi che fanno parte della vita di tutti i giorni.
Allo stato attuale delle conoscenze le probabilità che a qualcuno capiti questo determinato evento negativo sono una su 1.000.000. Questo livello di rischio corrisponde alla probabilità che un individuo ha di essere scelto a caso fra le persone che si dispongono, a distanza di un metro l'una dall'altra, su una linea immaginaria che va da Milano a Reggio Calabria. In altre parole significa ci si può aspettare che questo evento si manifesti in una persona per ogni grande città. Molte persone ritengono questo livello di rischio così basso da essere addirittura trascurabile rispetto ad altri rischi che normalmente fanno parte della vita.
(In ogni caso specifico va chiarita anche la natura del rischio, il lasso di tempo considerato e la popolazione interessata).
Tratto da: Br Med J 1997; 315:939. "Risk language and dialects"