L'emolisi immuno-mediata è un effetto indesiderato grave, benché raro, delle cefalosporine soprattutto di seconda e terza generazione. Il loro diffuso impiego registrato negli ultimi anni ha comportato tuttavia un'intensificarsi delle segnalazioni di questa reazione avversa rispetto al passato. Il maggior numero di casi segnalati è a carico del cefotetan: dal 1985, anno della sua approvazione negli Stati Uniti, l'FDA's Spontaneous Reporting System e il World Health Organization's Database riportano 85 casi. Non mancano tuttavia segnalazioni a carico di ceftizoxima, cefotaxima, ceftazidima, cefoxitin e ceftriaxone.
Per il ceftriaxone, in particolare, la cui prescrizione è in continuo aumento, vale la pena di evidenziare che vi sono già 19 i casi pubblicati, 9 dei quali riguardano bambini di età compresa fra i 2 e i 16 anni (6 dei quali deceduti) e 10 riguardano pazienti adulti (3 dei quali deceduti). Mentre i bambini sono risultati affetti, tutti tranne uno, da patologie croniche quali anemia a cellule falciformi o infezione da HIV, gli adulti per lo più non avevano malattie di base. Nei bambini (7 dei quali già esposti in precedenza a ceftriaxone) i sintomi in genere si sono manifestati precocemente (entro 45 minuti) dalla somministrazione del ceftriaxone e hanno incluso tachicardia, dispnea, pallore e dolore dorsale o alle gambe, accompagnati da una caduta dei livelli di emoglobina.
Il meccanismo principale alla base di questa reazione consiste nell'adsorbimento del farmaco: il ceftriaxone o i suoi prodotti di degradazione si legano alla membrana eritrocitaria inducendo la formazione di anticorpi che, riconoscendo questi complessi farmaco-membrana, provocando l'emolisi. Oltre a questo meccanismo, classicamente implicato anche nell'emolisi autoimmune indotta dalla benzilpenicillina, nell'emolisi acuta intravascolare sembra implicata anche l'attivazione del complemento da parte degli anticorpi farmaco-indotti.
La sospensione del farmaco, e in alcuni casi, la somministrazione di corticosteroidi e/o trasfusioni di sangue sono stati i provvedimenti messi in atto nei pazienti che sono sopravvissuti.
L'eventualità, anche se rara, che il ceftriaxone possa indurre un'emolisi potenzialmente fatale rappresenta perciò un ulteriore motivo per valutare attentamente la necessità di ricorrere a questo farmaco soprattutto in soggetti già precedentemente esposti.
Bibliografia
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