L'Organizzazione Mondiale della Sanità definisce una reazione avversa da farmaco come "una reazione nociva ed indesiderata che si manifesta alle dosi normalmente utilizzate a scopo di profilassi, diagnosi o terapia". Si tratta perciò di un effetto che non può essere separato dal beneficio. La natura, gravità e frequenza delle reazioni avverse varia naturalmente a seconda dei farmaci, dei pazienti e delle condizioni di impiego ma, in ogni caso, la loro comparsa incide negativamente sulla qualità di vita dei pazienti, aumenta il rischio di ospedalizzazione, può prolungare la degenza dei pazienti già ricoverati e aumentare la mortalità. Infine, non è da sottovalutare il costo economico che rappresentano per i Sistemi Sanitari dei vari Paesi.Condizioni attuali come la rapida approvazione dei farmaci, immessi sul mercato senza studi di sicurezza a lungo termine e le autorizzazioni sovranazionali che rendono disponibili i farmaci a molti più pazienti possono aumentare la probabilità di effetti indesiderati. Se a questo si aggiunge che i sistemi di farmacovigilanza non hanno la stessa efficienza in tutti i Paesi, che spesso l'informazione sulle reazioni avverse dei farmaci è scarsa, quando non addirittura tenuta nascosta, che l'attenzione nei confronti degli effetti indesiderati è insufficiente sia sul versante della ricerca che in ambito clinico, si capisce come il problema della sicurezza richieda di essere affrontato senza altri indugi, a 360 gradi e con la partecipazione di tutti coloro che, a vario titolo, hanno a che fare con i farmaci.
E' per questo motivo che, alla fine del 2003, l'ISDB ha organizzato a Berlino un workshop per discutere come conseguire questo scopo. L'approfondita disamina dei contesti, degli errori, degli ostacoli, delle necessità dei vari soggetti coinvolti e le proposte per raggiungere gli obiettivi individuati hanno trovato una loro organica collocazione in un documento, la Dichiarazione di Berlino sulla Farmacoviglanza, pubblicato lo scorso gennaio.