Un mio paziente in trattamento con un calcio-antagonista ha sviluppato una iperplasia gengivale che non pare avere una causa apparente. Potrebbe essere il farmaco responsabile di questo effetto?
E’ ormai noto da tempo che alcuni farmaci possono essere implicati nella comparsa di iperplasia gengivale. Ad esempio, la fenitoina (es. Dintoina) annovera questo problema fra i propri effetti indesiderati più frequenti (15-50% circa dei pazienti che assumono il farmaco); ma si tratta di un effetto altrettanto ben documentato per altri farmaci, come la ciclosporina e i calcio-antagonisti.
La nifedipina (es. Adalat, Nifedicor e generici) è stato il primo dei calcio-antagonisti per il quale è stato riportato questo effetto (nel 10% circa dei pazienti che assumono il farmaco), ma segnalazioni sono state riportate anche per diltiazem (es. Dilzene, Tildiem e generici), verapamile (es. Isoptin e generici), amlodipina (es. Antacal, Norvasc), nitrendipina (Baypress, Deiten), e felodipina (es. Pledil, Prevex), pur se con frequenza minore.
L’iperplasia gengivale presenta, in ogni caso, le stesse caratteristiche cliniche e istologiche, con un ingrossamento della gengiva ad insorgenza interdentale che progressivamente si estende alla superficie interna ed esterna dei denti, con dolore, arrossamento e sanguinamento, col rischio di compromettere l’occlusione dentale e la masticazione. Il tessuto gengivale può arrivare a coprire completamente il dente tanto da richiedere una rimozione chirurgica. La difficoltà a mantenere una adeguata igiene orale può portare allo sviluppo di tasche con crescita batterica e periodontite. L’aumento di volume delle gengive è dovuto ad un accrescimento della massa di tessuto extracellulare. Il meccanismo alla base di questo effetto indesiderato non è noto con esattezza, ma sembrano entrare il gioco molteplici fattori, alcuni legati al farmaco (es. alterazione del flusso degli ioni calcio per la fenitoina, alterazione della sintesi/degradazione delle fibre collagene per la ciclosporina, riduzione della sintesi proteica per la nifedipina), altri al paziente. In alcuni individui, ad esempio, la cattiva igiene orale potrebbe essere responsabile, inizialmente, dell’infiammazione gengivale; la placca dentaria favorirebbe poi la deposizione e l’accumulo, nello spazio periodontale, dei farmaci induttori dell’eccessiva produzione di tessuto gengivale. Non vi sono fattori predittivi che consentano di individuare chi sia maggiormente candidato a sviluppare iperplasia gengivale; i soggetti già affetti da gengiviti o periodontiti sono, tuttavia, più esposti. Infine, non sembra esservi una relazione con la dose assunta.
L’iperplasia gengivale può insorgere a qualunque età. Nella maggior parte dei casi associati all’impiego di calcio-antagonisti, si è manifestata in pazienti di età superiore ai 50 anni che assumevano i farmaci per varie indicazioni. L’insorgenza può variare da alcune settimane ad alcuni mesi dall’inizio della terapia.
Alcuni semplici suggerimenti di igiene orale possono diminuire il rischio di andare incontro a questa complicazione: la rimozione della placca con un adeguato spazzolamento, l’uso costante del filo interdentale e di collutori antiplacca. Nelle forme lievi-moderate, questi provvedimenti sono sufficienti a risolvere l’infiammazione gengivale e ridurre l’ingrossamento delle gengive mentre, nelle forme gravi, rappresentano comunque un utile complemento.
Nelle forme gravi, la terapia farmacologica deve essere rivista. Una riduzione del dosaggio o la sostituzione del farmaco con alternative terapeutiche che non causano iperplasia gengivale permettono la regressione parziale o completa delle lesioni. Una volta sospeso il trattamento solitamente la situazione migliora nell’arco di quattro settimane; quando il problema è presente da lungo tempo, tuttavia, anche modificando la terapia, si ottiene una regressione parziale. La riesposizione al farmaco induce la ricomparsa dei sintomi.
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