Un recente studio di coorte danese non ha rilevato un aumento del rischio di malformazioni nel caso di assunzione di PPI in gravidanza. L’omeprazolo è il composto per il quale sono disponibili maggiori informazioni al riguardo. Questo dato risulta particolarmente importante nel momento in cui due PPI, pantoprazolo e omeprazolo, sono diventati farmaci da banco (OTC) e presentano posizioni divergenti per quanto concerne il rischio di impiego in gravidanza (il pantoprazolo la elenca addirittura tra le controindicazioni). |
Nel primo trimestre: nessun aumento di rischio generico di malformazioni congenite
I PPI commercializzati nel nostro paese sono l’omeprazolo, l’esomeprazolo (un suo isomero), il lansoprazolo, il pantoprazolo e il rabeprazolo. Gli studi condotti negli animali non hanno evidenziato, per questa classe di farmaci, effetti teratogeni quando assunti nel periodo dell’organogenesi. Nel 2009 è stata effettuata una metanalisi di studi che hanno incluso un totale di 1.530 bambini esposti ad un PPI durante il primo trimestre di gravidanza. In 1.341 di questi casi, il PPI utilizzato era l’omeprazolo. I bambini esposti sono stati confrontati con circa 130.000 bambini non esposti a PPI. Non è stato rilevato alcun aumento statisticamente significativo del rischio di malformazioni con alcun PPI né tantomeno con l’omeprazolo. Un’altra metanalisi realizzata sugli unici due studi che hanno valutato l’aborto spontaneo come misura di esito su un totale di 524 donne gravide che avevano assunto un PPI nel primo trimestre della gravidanza non ha dimostrato un aumento del rischio Alla fine 2010 è stato pubblicato uno studio di coorte danese che ha incluso 3.651 bambini esposti ad un PPI durante il primo trimestre di gravidanza. I bambini nati con una malformazione grave sono stati 118, pari al 3,2%, percentuale simile a quella osservata tra i circa 22.000 bambini non esposti. L’analisi effettuata per i singoli principi attivi (1.800 bambini esposti all’omeprazolo, 668 all’esomeprazolo, 794 al lansoprazolo, 549 al pantoprazolo e 42 al rabeprazolo) ha prodotto risultati simili.
Nel secondo e terzo trimestre di gravidanza: pochi dati, ma rassicuranti
Gli studi condotti sugli animali hanno messo in evidenza un effetto fetotossico solo a dosi altissime che si sono rivelate tossiche anche per la madre; risulta perciò difficile interpretare i risultati. I dati sull’assunzione di PPI da parte di donne durante il secondo e terzo trimestre di gravidanza provengono da studi di piccole dimensioni e sono molto limitati. Tra i bambini esposti all’omeprazolo nel secondo o nel terzo trimestre di gravidanza non sono stati riportati problemi nei 131 neonati di una coorte svedese, né tra i 13 neonati in uno studio di coorte multicentrico. In un altro studio, che ha incluso 295 neonati esposti all’omeprazolo nel corso di un qualunque trimestre della gravidanza e 54 esposti nel corso del secondo o terzo è stata rilevata una riduzione statisticamente significativa di peso alla nascita (60 g in media), ma nessuna differenza riguardo al numero di parti prematuri o di nati morti. Per lansoprazolo, pantoprazolo i dati sono ancora più scarsi, ma nessuna osservazione è preoccupante (6 neonati esposti nel secondo e terzo trimestre di gravidanza al lansoprazolo, e altri 6 al pantoprazolo). Non ci sono dati su neonati esposti al rabeprazolo nel corso del secondo e terzo trimestre di gravidanza.
In pratica
Un banale reflusso, soprattutto durante la gravidanza, non giustifica il ricorso a farmaci in modo sistematico. Se le misure dietetico-comportamentali non sono sufficienti, si può utilizzare per primo un antiacido. In caso di reflusso grave, particolarmente invalidante, che comporti la necessità di un PPI, sarebbe opportuno dare la preferenza all’omeprazolo, il composto meglio valutato in questo periodo. Se una donna in trattamento con un PPI si accorge di essere incinta, bisogna rassicurarla sui rischi di malformazioni e di fetotossicità, demandando tuttavia al medico la rivalutazione dell’opportunità di proseguire l’assunzione del farmaco.
Bibliografia di riferimento
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Informazioni sui Farmaci, Anno 2011, n. 3