La contrazione del muscolo cardiaco dipende essenzialmente dal flusso di ioni sodio, calcio e potassio attraverso i rispettivi canali presenti sulla membrana delle cellule del miocardio. Alterazioni del flusso di questi ioni si traducono in alterazioni dell'attività elettrica del cuore con conseguente aumento del rischio di aritmie, che possono mettere a repentaglio la vita del paziente. In particolare, il prolungamento del tratto QT dell'ECG, che dipende da un ritardo nella ripolarizzazione dei ventricoli, dovuto ad un'inibizione del flusso degli ioni potassio e ad un ritardo nell'inattivazione dei canali del sodio, predispone ad una forma di aritmia potenzialmente fatale nota come torsione di punta (torsade de pointes, TdP). La sindrome da QT allungato raramente è idiopatica (associata a specifiche mutazioni genetiche). Per lo più è legata all'assunzione di farmaci che interferiscono con i flussi ionici attraverso questi canali.
Anche se la sindrome da QT allungato iatrogena è stata oggetto di un numero esiguo di studi, in base ai dati disponibili si può affermare che l'esposizione ad un farmaco in grado di indurre un prolungamento del tratto QT non sempre si traduce in un ritardo della ripolarizzazione ventricolare e la comparsa di TdP nei pazienti con QT lungo acquisito sembra essere, comunque, un'evenienza rara, cosa che ha fatto ipotizzare una predisposizione genetica. Il sesso femminile, la presenza di patologie cardiache preesistenti (es. insufficienza cardiaca congestizia, bradicardia, ipertrofia del ventricolo sinistro), alterazioni elettrolitiche (ipokaliemia, ipomagnesiemia, ipocalcemia), età avanzata rappresentano comunque fattori predisponenti che possono aumentare il rischio aritmogeno e costituiscono situazioni di particolare cautela.
Diverse classi di farmaci, strutturalmente non correlate le une alle altre, sono state associate ad un prolungamento del tratto QT ed, in alcuni casi, singoli principi attivi sono stati ritirati dal commercio a causa della frequenza con cui avevano indotto questo effetto. Ne sono un esempio la cisapride (es. Prepulsid) che, dopo essere stata sottoposta a vari provvedimenti restrittivi nel tentativo di limitarne l'impiego, è stata ritirata dal commercio in molti paesi, e la terfenadina (Allerzil) che, dopo alterne vicende di sospensione e riammissione in commercio, è stata definitivamente ritirata nel nostro paese alla fine del 2005. Il rischio aritmogeno, inoltre, può aumentare in seguito ad interazioni fra farmaci. Il caso più ovvio è quello in cui vengono associati due farmaci che possiedono entrambi la capacità di prolungare il QT come avviene ad esempio quando ad una terapia cronica con un antiaritmico si aggiunge una terapia, anche a breve termine, con un macrolide. Ma può accadere anche che un farmaco che prolunga il QT venga associato ad un altro farmaco che ne inibisce il metabolismo epatico da parte del sistema del citocromo P450 (ad es. antimicotici azolici, antiretrovirali, SSRI) con il conseguente aumento della concentrazione plasmatica.
Come comportarsi
Prima di prescrivere un farmaco di cui è nota la capacità di indurre un prolungamento del tratto QT si dovrebbe tenere conto di una serie di fattori che riguardano sia il ruolo terapeutico del farmaco che le condizioni del paziente. Per quanto riguarda il farmaco, occorrerà considerare innanzitutto la presenza o meno di alternative ugualmente efficaci ma con un miglior profilo di sicurezza. Per quanto riguarda il paziente occorrerà valutare la presenza di eventuali fattori che possono predisporre ad un maggior rischio di sindrome da QT allungato, o la presenza di una storia personale o familiare (es. una storia di episodi di sincope in età infantile o giovanile, casi in famiglia di morte improvvisa in giovane età) che possano porre il dubbio diagnostico di sindrome genetica, sospetto che può essere confermato mediante l'esecuzione di un ECG. Nella popolazione con anamnesi negativa e senza fattori di rischio predisponenti, l'esecuzione indiscriminata di un EGC (prima di iniziare la terapia con un farmaco che prolunga il tratto QT) non è giustificata perché il mancato riscontro di anomalie del tracciato elettrocardiografico non rappresenta di per sè una garanzia di sicurezza.
Nei pazienti a rischio e nei pazienti in trattamento con farmaci antiaritmici che allungano il QT, andrebbe, se possibile, evitata la co-somministrazione di farmaci che possono a loro volta indurre lo stesso effetto. Quando non è possibile, questi pazienti andrebbero seguiti in stretta collaborazione con un cardiologo.
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