Il gozzo
Il gozzo tiroideo, la manifestazione clinica della carenza di iodio più diffusa a livello mondiale, è un disturbo caratterizzato da un aumento di volume della tiroide, che può interessare l'intera ghiandola o essere limitato ad una/alcune parti (formazione di uno o più noduli). La ridotta sintesi di ormoni tiroidei dovuta alla carenza di iodio comporta una iperstimolazione della ghiandola da parte della tireotropina o TSH (un ormone secreto dall'ipofisi che stimola la tiroide a sintetizzare gli ormoni tiroidei), con un conseguente aumento di volume del tessuto ghiandolare. Se questo è rilevante, possono comparire disturbi di deglutizione e respirazione. Mentre in caso di deficit moderato di iodio l'ingrossamento della ghiandola è accompagnato dal mantenimento di una condizione di eutiroidismo, un deficit grave e protratto causa ipotiroidismo, accompagnato dalla comparsa di manifestazioni sistemiche (mixedema).
Fonti di iodio e livelli di assunzione in Italia
Lo iodio è un elemento essenziale per assicurare il normale accrescimento ed il benessere dell'organismo umano. Nell'adulto, l'80% dello iodio assunto con la dieta viene captato dalla tiroide che lo utilizza per produrre tiroxina e triiodotironina, ormoni che svolgono un ruolo chiave nella regolazione del metabolismo cellulare e delle funzioni vitali.
Secondo l'Organizzazione Mondiale della Sanità, il fabbisogno giornaliero di iodio per un adulto è di 150 mcg/die, mentre aumenta a 200 mcg/die nella donna durante la gravidanza e l'allattamento. Nei bambini con meno di 1 anno di età occorrono 50 mcg/die e nei bambini da 1 a 10 anni 90-120 mcg/die.
La principale fonte di iodio è rappresentata dalla dieta. Tuttavia, il contenuto di iodio degli alimenti è estremamente variabile e dipende dalla presenza di questo elemento nel terreno e nell'acqua. Il pesce di mare è l'alimento più ricco, contenendone circa 50-100 mcg/100 g, mentre gli altri alimenti ne contengono quantitativi decisamente inferiori (il contenuto di iodio di carne, frutta, verdura e cereali varia fra 2 e 5 mcg/100 g); tuttavia, il consumo di pesce nel nostro paese è modesto (in parte per ragioni di abitudini alimentari, in parte per il costo elevato) e lo iodio che noi introduciamo con la dieta deriva perlopiù da latte, carne e vegetali.
Dai dati ricavati da studi osservazionali, condotti in Italia tra il 1978 ed il 1991, allo scopo di valutare la carenza iodica nelle diverse aree del nostro paese, emerge che la maggior parte del territorio nazionale (comprese le aree di pianura e le regioni costiere) è caratterizzata da carenza iodica, mentre alcune zone, soprattutto nelle regioni centromeridionali e nell'Alto Adige, sono caratterizzate da grave deficit nutrizionale. Secondo le stime, il 12% circa della popolazione italiana adulta è affetta da gozzo e, nella popolazione in età scolare, la prevalenza è del 10% nelle regioni centro-settentrionali e del 20% nelle regioni meridionali e insulari. Le femmine sono più colpite dei maschi, con un rapporto di 15 a 1 circa.
La profilassi
L'assunzione profilattica di iodio previene i disturbi da carenza. Nel 1985 è stato istituito, su iniziativa dell'ONU e dell'OMS, l'International Council for the Control of Iodine Deficiency Disorders (ICCIDD), una commissione internazionale di esperti che si occupa di promuovere l'adozione di programmi di iodoprofilassi, volti all'eliminazione delle patologie da carenza di iodio nei paesi del mondo. In Italia, il Comitato nazionale per la prevenzione del gozzo, una commissione di esperti istituita dal Ministero della Salute, ha lo scopo di monitorare questa condizione e promuovere iniziative volte alla prevenzione del gozzo.
Nelle aree dove la carenza di iodio è endemica, la fortificazione degli alimenti e il ricorso all'integrazione della dieta con supplementi di iodio si sono rivelati i provvedimenti più efficaci: in paesi, come gli Stati Uniti, l'Austria e la Svizzera, l'arricchimento del sale per uso alimentare, accompagnato da adeguate campagne informative rivolte alla popolazione, ha consentito di eradicare il gozzo o di ridurne fortemente la prevalenza.
Perchè il sale da cucina?
Il sale da cucina, anche di provenienza marina, contrariamente a quanto si potrebbe essere indotti a pensare, generalmente non contiene iodio. I "sali da cucina arricchiti" vengono quindi addizionati di sali di iodio fino ad un contenuto pari a 30 mg/kg; in questo modo un grammo di sale consente di assumere 30 mcg di iodio. In genere si utilizzano per l'arricchimento lo iodato di potassio o una miscela di iodato e ioduro di potassio, perché maggiormente stabili.
La fortificazione del sale da cucina rappresenta il metodo ideale per la iodoprofilassi: il sale viene regolarmente utilizzato sia a livello domestico che industriale per insaporire gli alimenti e quindi viene assunto quotidianamente dalla maggior parte degli individui, inoltre costa poco. Il sale iodato è facile da ottenere ed altrettanto economico.
Se utilizzato in luogo del comune sale per uso alimentare, il sale iodato non presenta rischi di effetti indesiderati da accumulo di iodio perché un eventuale eccesso viene eliminato con le urine. Occorre ricordare, tuttavia, che l'assunzione di sale, anche se iodato, deve essere comunque limitata: un'eccessiva introduzione di sodio con gli alimenti è stata, infatti, messa in relazione con un aumento del rischio di malattie cardiovascolari. Per questo motivo le attuali Linee guida per una sana alimentazione indicano di limitare il consumo a meno di 6 g/die, quantità che "rappresenta un buon compromesso tra il soddisfacimento del gusto e la prevenzione dei rischi legati al sodio", sostituendo interamente il sale comune con quello arricchito in iodio. Per chi presenta patologie che impongono una restrizione dell'assunzione di sodio esistono sostituti del sale iodati che possono essere impiegati per cucinare gli alimenti in luogo del sale comune (es. Sal Dieta).
L'utilizzo domestico del sale arricchito per salare gli alimenti cucinati non è, però, in genere sufficiente a coprire il fabbisogno giornaliero di iodio: infatti, la maggior parte del sale che noi ingeriamo quotidianamente deriva dagli alimenti trasformati o trattati industrialmente (es. pane, formaggi, prodotti da forno, conserve in scatola). In quest'ottica, è auspicabile un maggior utilizzo del sale iodato anche da parte dell'industria alimentare. Per quanto riguarda la cottura degli alimenti occorre ricordare che lo iodio tende a disperdersi nell'acqua bollente: di conseguenza è consigliabile salare gli alimenti a fine cottura e conservare, se possibile, l'acqua di cottura stessa per altri usi (es. preparazione di sughi e intingoli).
In altri paesi (es. Austria e Svizzera) si è scelto come misura aggiuntiva di "iodare" i foraggi per l'alimentazione del bestiame, permettendo, in questo modo, di accrescere il contenuto di iodio di carni e latte.
La legislazione
Nel nostro paese la legislazione vigente prevede la produzione e la commercializzazione del sale iodato ma il suo utilizzo è lasciato all'iniziativa dei consumatori.
Il Ministero della Salute ha iniziato nel 1997 una campagna di educazione alimentare per favorire l'uso del sale arricchito di iodio. L'approvazione della legge 55 del 21 marzo 2005 sancisce la presenza obbligatoria del sale iodato accanto a quello comune nei punti vendita, dove dovrà essere opportunamente segnalato, e l'eliminazione del limite di peso precedentemente previsto per le confezioni di sale arricchito di iodio, in modo da favorirne l'impiego da parte dell'industria alimentare. Anche gli alimenti industriali prodotti utilizzando sale iodato saranno riconoscibili da un apposito logo apposto sulle confezioni.
L'Osservatorio nazionale per il monitoraggio della iodoprofilassi, istituito presso l'Istituto Superiore di Sanità, avrà il compito di valutare i risultati della iodoprofilassi in termini di aumento dei consumi di sale arricchito e di riduzione dell'incidenza delle patologie tiroidee.
Conclusioni
Le patologie tiroidee da carenza di iodio, in primo luogo il gozzo che rappresenta la forma più diffusa a livello mondiale, sono potenzialmente prevenibili incrementando l'introduzione di iodio per via alimentare. Il sale iodato rappresenta, per le sue caratteristiche di economicità e di largo impiego, il mezzo più idoneo per raggiungere tale scopo. Condizione imprescindibile, tuttavia, è che vengano attuate campagne informative adeguate per accrescere la consapevolezza della popolazione sulla sua utilità e sulle modalità di corretto utilizzo, soprattutto laddove questo risulta sub-ottimale. In Italia le precedenti esperienze condotte in questo senso dal Ministero della Salute non hanno sortito effetti uniformi sul territorio nazionale e si è stimato che solo una minoranza della popolazione italiana acquista sale iodato (3% delle vendite totali di sale). Dove sono state investite risorse adeguate (es. provincia di Bolzano in Italia e, all'estero, Austria e Svizzera), la iodoprofilassi volontaria ha portato ad un'effettiva diminuzione dei casi di gozzo.
E' auspicabile un maggior utilizzo di sale iodato da parte dell'industria alimentare: solo in questo modo, infatti, è possibile garantire una sufficiente assunzione di iodio da parte della popolazione italiana.
Bibliografia
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