Negli ultimi anni, gli studi condotti nei pazienti con diabete di tipo 2 hanno fornito informazioni utili a definire le strategie di intervento più idonee sia in termini di compenso metabolico che di trattamento farmacologico. Gli studi hanno innanzitutto confermato che le modifiche dello stile di vita volte a ridurre il peso corporeo (e l'insulino-resistenza) e a migliorare la performance cardiovascolare sono fondamentali nella gestione del diabete e l' intervento più efficace per rallentare la progressione dalla condizione di ridotta tolleranza al glucosio (pre-diabete) alla malattia conclamata. Un'altra informazione importante è che abbassare troppo i livelli di emoglobina glicosilata (HbA1c) può essere pericoloso. All'assenza di benefici documentabili sulle complicanze cardiovascolari si aggiunge il rischio di ipoglicemie gravi. L'obiettivo di HbA1c di 53 mmol/mol (7%) che in passato veniva raccomandato per tutti, oggi rimane valido nei pazienti più giovani, mentre oltre i 75 anni è opportuno un target glicemico meno stringente compreso tra 58,5mmol/mol (7,5%) e 70mmol/mol (8,5%).
Quando dieta ed esercizio fisico non sono sufficienti per un controllo adeguato, la metformina rappresenta il farmaco di prima scelta in tutti i pazienti: ha dimostrato di ridurre il rischio di complicanze microvascolari, comporta un basso rischio di ipoglicemie e non causa aumento di peso. L'azione ipoglicemizzante è legata alla riduzione della produzione epatica di glucosio e allo stimolo alla migliore utilizzazione tissutale del glucosio. Le sue principali reazioni avverse (diarrea e meteorismo) possono essere minimizzate iniziando la somministrazione a basse dosi. La metformina è controindicata nei pazienti con compromissione della funzione renale (per il rischio di acidosi lattica). Nei casi in cui vi è la necessità di un secondo ipoglicemizzante, nella maggior parte dei diabetici può essere scelta una sulfanilurea a breve durata d'azione come gliclazide, glipizide, gliquidone o la repaglinide. In quanto secretagoghi, il loro più frequente effetto indesiderato è l'ipoglicemia che, tuttavia, solo raramente risulta di entità tale da richiedere un intervento medico. Vanno evitate clorpropamide e glibenclamide (sole o associate) che hanno una durata d'azione lunga e comportano un rischio di ipoglicemia molto più alto rispetto alle altre sulfaniluree. Inoltre, l'ipoglicemia causata da clorpropamide e glibenclamide, soprattutto negli anziani con abitudini alimentari irregolari o con polipatologie come insufficienza renale o epatica, può essere complessa da trattare. Nei diabetici che per la particolare attività lavorativa (es. camionisti, antennisti, lattonieri) rischiano di arrecare danni gravi a sé e agli altri per l'insorgenza di un episodio ipoglicemico, è preferibile un incretino-mimetico orale, inibitore delle dipeptidil-peptidasi-4 (DPP-4) come sitagliptin, saxagliptin, vildagliptin o linagliptin. Questi nuovi farmaci, elettivi in monoterapia nell'insufficienza renale, sono efficaci quanto le sulfaniluree e la repaglinide, ma comportano un rischio di ipoglicemia inferiore per il loro meccanismo d'azione “anti-iperglicemizzante” (lo stimolo della secrezione insulinica è infatti glucosio-dipendente: abbassano la glicemia solo se è elevata). Nei diabetici ad alto rischio CV, i loro possibili benefici clinici sono risultati purtroppo deludenti. In un recente studio1 di ampie dimensioni e di lunga durata, la riduzione della HbA1c è stata molto modesta e non sono emerse differenze con placebo nella frequenza di eventi macrovascolari (infarto miocardico, ictus ischemico, mortalità CV) e la frequenza degli episodi ipoglicemici non è stata inferiore a quanto osservato in altre casistiche. Gli incretino-mimetici iniettivi, agonisti del glucagon-like-peptide-1(GLP-1), exenatide, liraglutide e lixisenatide, per un marcato rallentamento dello svuotamento gastrico e conseguente senso di sazietà si associano ad un calo ponderale medio di circa 3 kg. Per questi effetti favorevoli sul peso trovano una collocazione ideale nei diabetici obesi (BMI >35) o quando per ragioni cliniche non si ritenga opportuno ricorrere all'insulina.
Bibliografia
1) Scirica BM et al. Saxagliptin and cardiovascular outcomes in patients with type 2 diabetes mellitus N Engl J Med. 2013 Oct3;369(14):1317-26.
Novembre 2014
Le Note commentate sono elaborate da un gruppo interdisciplinare* all'interno del quale trovano larga rappresentanza medici di medicina generale e pediatri. Non si tratta di un aggiornamento dello stato delle conoscenze né il punto di vista della medicina generale su un argomento clinico-assistenziale d'attualità o dibattuto nella letteratura scientifica. L'originalità di queste Note risiede nel modo con cui un gruppo di MMG percepisce e affronta i problemi aperti che emergono dall'incrocio critico tra i dati di mercato, la promozione delle ditte produttrici e i risultati degli studi. Le motivazioni che di volta in volta sottendono la scelta del tema provengono da fattori contingenti locali o da iniziative/progetti specifici.
* Busani Corrado, Chiari Corrado, Davoli Daniela, Ferretti Alessandra, Ferretti Tiziano, Gandolfi Alberto, Gigliobianco Andrea, Marconi Bettina, Miselli Mauro, Navazio Alessandro, Pellati Morena, Riccò Daniela, Viaroli Mario