L’attuale dibattito scientifico sulla broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO) è centrato prevalentemente sulla ricerca di nuovi farmaci e sul confronto di efficacia dei nuovi principi attivi e relativi dispositivi inalatori verso i farmaci di uso consolidato. Ad oggi si evidenziano le seguenti criticità:
1. una considerevole sottostima della patologia in rapporto al reale impatto epidemiologico
2. una elevata quota di diagnosi di BPCO dubbia e di conseguenza una alta percentuale di terapie inappropriate
3. anche in presenza di diagnosi corrette, una ridotta percentuale di terapie appropriate.
1. I pazienti BPCO in carico alle strutture sanitarie rappresentano solamente la punta di un iceberg, limitata a quei soggetti in cui la malattia ha raggiunto un grado di evoluzione marcato, con elevati costi individuali (sintomi persistenti, importante disabilità e compromessa qualità di vita) e socio-sanitari. I pazienti stessi tendono a presentarsi al medico solo quando la sintomatologia ormai riflette un grado avanzato di malattia. Un precoce riconoscimento dei soggetti con BPCO ancora nelle fasi di malattia con compromissione di grado lieve-moderato consentirebbe una presa in carico in una fase in cui il trattamento (farmacologico e riabilitativo) permetterebbe di rallentare l’evoluzione della malattia e le sue conseguenze. Di fronte ad un paziente che si presenta per la prima volta con sintomatologia respiratoria (in genere dispnea e/o tosse), una approfondita anamnesi ed un esame obiettivo consentono il più delle volte di porre un sospetto diagnostico di BPCO, estendendo la diagnosi differenziale alle principali patologie che possono causare una sintomatologia analoga (in primis le malattie cardio-circolatorie, quindi le altre malattie respiratorie, in particolare l’asma). Il sospetto clinico di BPCO, nella maggior parte dei casi favorito dalla presenza di tosse cronica produttiva in un soggetto adulto-anziano con anamnesi di tabagismo o altre esposizioni, va supportato dalla relativa diagnostica strumentale, rappresentata fondamentalmente dalla spirometria con test di broncodilatazione, da affiancare ad altre indagini di primo livello (Rx torace, ECG, emocromo…).
2. Anche in ambito specialistico una rilevante quota di diagnosi di BPCO è tuttora basata su criteri clinici, mentre per definizione dovrebbe basarsi sul dato spirometrico di ostruzione non reversibile delle vie aeree. Lo studio multicentrico italiano SOS-BPCO (su oltre 900 pazienti ricoverati per una riacutizzazione di BPCO) evidenziò nel 2009 un 40% di diagnosi senza documentazione spirometrica. I dati della nostra AUSL evidenziarono nel 2006 una percentuale di diagnosi ospedaliere di BPCO non confermate da spirometria nel 80 % dei casi, valore migliorato al 58 % nel 2009 grazie alla applicazione regolare del ciclo dell’audit. Una diagnosi senza dati funzionali porta con sé il rischio elevato di prescrivere trattamenti inappropriati sia nel caso non si tratti di BPCO (evenienza probabile nell’anziano pluripatologico), sia nel caso una BPCO non venga correttamente stratificata per stadio di gravità secondo il grado di ostruzione (oltre che per altri dati clinici). Nella scaletta degli esami prescritti nel paziente con sospetta patologia ostruttiva respiratoria la spirometria viene solo al 7° posto (1° posto la Rx torace, 2° posto i test allergici cutanei, ecc.). Dati della letteratura internazionale evidenziano come ci sia un bias negativo nei confronti della patologia respiratoria cronica, rispetto ad esempio alla patologia cardiologica, nel senso che la probabilità di un paziente con sospetta BPCO di essere sottoposto a spirometria è molto più bassa di un paziente con sospetto scompenso cardiaco di eseguire un ecocardiogramma (le due patologie spesso sono poste in diagnosi differenziale e spesso coesistono).
3. Rispetto agli schemi terapeutici ritenuti appropriati secondo le varie linee guida internazionali va registrata inappropriatezza in eccesso, tipica la sovraprescrizione di corticosteroidi inalatori (di solito combinati con LABA) anche negli stadi lieve-moderati senza riacutizzazione ed inappropriatezza in difetto, tipo il minimo ricorso alla riabilitazione respiratoria per la quale esistono consolidate evidenze di efficacia ed agli interventi anti-fumo.
Febbraio 2014
Le Note commentate sono elaborate da un gruppo interdisciplinare* all'interno del quale trovano larga rappresentanza medici di medicina generale e pediatri. Non si tratta di un aggiornamento dello stato delle conoscenze né il punto di vista della medicina generale su un argomento clinico-assistenziale d'attualità o dibattuto nella letteratura scientifica. L'originalità di queste Note risiede nel modo con cui un gruppo di MMG percepisce e affronta i problemi aperti che emergono dall'incrocio critico tra i dati di mercato, la promozione delle ditte produttrici e i risultati degli studi. Le motivazioni che di volta in volta sottendono la scelta del tema provengono da fattori contingenti locali o da iniziative/progetti specifici.
* Busani Corrado, Chiari Corrado, Davoli Daniela, Ferretti Alessandra, Ferretti Tiziano, Gandolfi Alberto, Gigliobianco Andrea, Marconi Bettina, Miselli Mauro, Navazio Alessandro, Pellati Morena, Riccò Daniela, Viaroli Mario