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100 mg/ml sol. conc. per infusione, flaconcino da 2,5 ml |
€ 216,60
(prezzo ex-factory, IVA esclusa) |
Proprietà farmacologiche
L’argatroban è un derivato sintetico della L-arginina che si lega reversibilmente alla trombina e ne inibisce l’attività, bloccando la conversione del fibrinogeno in fibrina, l’attivazione dei fattori della coagulazione V, VIII e XIII, l’attivazione della proteina C e l’aggregazione piastrinica1. L’argatroban è registrato per il trattamento della trombocitopenia da eparina e va ad aggiungersi alla lepirudina (irudina ricombinante, Refludan). L’altro inibitore diretto della trombina, la bivaluridina (un analogo dell’irudina, Angiox) è indicato come anticoagulante nei pazienti candidati ad un intervento di angioplastica coronarica. Argatroban, come gli altri inibitori della trombina inibisce sia la trombina presente nel coagulo che quella libera in circolo e prolunga il tempo di protrombina. Questo effetto, particolarmente marcato con argatroban, va tenuto presente nei pazienti che richiedono un trattamento anticoagulante orale perché potrebbe determinare valori elevati di INR, non correlati al rischio emorragico2. Dopo somministrazione endovenosa, l’effetto anticoagulante di equilibrio (steady state) si raggiunge entro 1-3 ore e viene monitorato misurando il tempo parziale di tromboplastina attivata (aPTT target tra 1,5 e 3). L’argatroban viene metabolizzato nel fegato ed eliminato con la bile e le feci. L’emivita è di 40-50 minuti3. Dopo la sospensione del farmaco, il valore di aPTT ritorna nella norma entro 2 ore. Non è richiesto alcun adattamento del dosaggio correlato all’età o all’insufficienza renale anche grave1,3. Nei pazienti con compromissione epatica di grado moderato (punteggio Child Pugh da 7 a 11) si rende, invece, necessaria una riduzione del dosaggio1,3.
Argatroban non interagisce con gli anticorpi indotti dall’eparina ed è dotato di scarsa antigenicità4.
Efficacia clinica
La trombocitopenia di tipo II indotta da eparina (HIT) è una grave evenienza clinica immunomediata, caratterizzata dalla presenza di anticorpi antipiastrinici (evidenziabili mediante il test HIPAA, test dell’attivazione delle piastrine indotta da eparina), da piastrinopenia (<150.000/mcl) o riduzione del 50% della conta piastrinica precedente5. Si sviluppa nell’1-5% dei pazienti trattati con eparina non frazionata per più di 4 giorni6; l’incidenza è inferiore all’1% con le eparine a basso peso molecolare7. Oltre che dal tipo di eparina usata, il rischio di trombocitopenia dipende dalle caratteristiche del paziente (chirurgico>medico), dalla via di somministrazione (infusione endovenosa>sottocutanea) e dal sesso (femmine>maschi)8. La trombocitopenia compare in genere 4-10 giorni dopo l’inizio della terapia con eparina, ma può presentarsi precocemente (anche poche ore dopo la riesposizione all’eparina in caso di trattamenti recenti)9 o tardivamente (9 giorni o più dalla sospensione dell’eparina)10. Nel 35-50% circa dei pazienti, la trombocitopenia si associa a trombosi arteriose e venose con una mortalità correlata del 30%. In caso di trombocitopenia, il trattamento consiste nel sospendere l’eparina sostituendola con un altro anticoagulante; se non sottoposto ad una adeguata terapia anticoagulante, il 50% dei pazienti può incorrere in altri eventi trombotici nell’arco di un mese8.
L’efficacia dell’argatroban è stata valutata in due studi multicentrici in aperto, non randomizzati, con controllo basato su dati storici (non si è ritenuto etico escludere dal trattamento pazienti in pericolo di vita). I controlli erano rappresentati da pazienti identificati nei centri partecipanti allo studio nei 4 anni precedenti e trattati con la sola sospensione dell’eparina e/o con anticoagulanti orali, gli “standard locali di pratica clinica al momento della diagnosi”11,12.
Il primo studio (ARG-911) è stato condotto su 304 pazienti, 160 dei quali con HIT isolata e 144 con HIT e sindrome trombotica (HITTS); il gruppo storico di controllo comprendeva 147 pazienti con HIT e 46 con HIT e sindrome trombotica (HITTS)11. La misura di esito primaria (morte per tutte le cause, amputazione e/o nuove trombosi), valutata a 37 giorni, si è ridotta in modo significativo nei pazienti con HIT (25,6% vs. 38,8%), ma non in quelli con HIT e complicazioni di tipo tromboembolico (43,8% vs. 56,5%). L’incidenza dei singoli componenti della misura di esito primaria nei pazienti con HIT e con HITTS rispetto ai controlli è stata la seguente: mortalità (16,9% vs. 21,8%) e (18,1% vs. 28,3%); amputazioni (1,9% vs. 2,0%) e (11,1% vs. 8,7%); nuove trombosi (8,1% vs. 22,4%) e (19,4% vs. 34,8%). La dose media di argatroban è stata di 1,6 mcg/kg/min. e la durata della terapia 5,6 giorni. Una appropriata anticoagulazione (es. aPTT³ 1,5 volte quello iniziale) è stata raggiunta nell’83% dei pazienti con HIT isolata e nel 94% di quelli con HITTS.
Il secondo studio (ARG-915), del tutto simile al primo, ha arruolato 418 pazienti, di cui 189 con HIT e 229 con HITTS; il gruppo storico di controllo (quello dello studio precedente) comprendeva 139 pazienti con HIT e 46 con HITTS12. I risultati sono stati sostanzialmente sovrapponibili. Anche in questo caso, l’end point composito a 37 giorni si è ridotto in misura statisticamente significativa nei pazienti con HIT (28,0% vs. 38,8%), ma non in quelli con HIT e trombosi (41,5% vs. 56,5%). Per quanto riguarda i componenti dell’end point primario, i risultati verso i controlli sono stati: mortalità: HIT 19,0 vs. 20,9%, HITTS 23,1% vs. 28,3%; amputazioni: HIT 4,2% vs. 2,9%, HITTS 14,8% vs. 10,9%; nuove trombosi: HIT 5,8% vs. 23,0%, HITTS 13,1% vs. 34,8%. La dose media di argatroban è stata di 1,7 mcg/kg/min. e la durata del trattamento di 5,1 giorni.
In entrambi gli studi, la differenza tra gruppo argatroban e gruppo di controllo nell’end point composito è stata determinata soprattutto dalla diminuzione di nuovi eventi trombotici durante il follow up. Le amputazioni sono risultate più frequenti nei pazienti trattati con argatroban rispetto ai controlli storici, ma la differenza non ha raggiunto la significatività statistica. Il maggior numero di amputazioni può essere dovuto al tasso di mortalità più basso nel gruppo argatroban o alla comparsa di gangrena conseguente alla breve durata del trattamento con argatroban durante la fase di passaggio all’anticoagulante orale (al 63% dei pazienti è stato somministrato warfarin).
Effetti indesiderati
Negli studi ARG-911 e ARG-915, le emorragie maggiori (intracraniche, retroperitoneali o associate a riduzione dell’emoglobina uguale o superiore a 2g/dl o richiedenti la trasfusione di 2 o più unità di sangue) hanno interessato rispettivamente il 3,1% e 5,3% dei pazienti con HIT isolata (vs. 8,2% e 8,6% nei controlli) e l’11,1% e 6,1% dei pazienti con HIT e trombosi (vs. 2,2% e 2,2% nei controlli)11,12. L’incidenza è risultata tre volte più alta nei soggetti nei quali il livello di aPTT era superiore di oltre tre volte quello iniziale rispetto a quelli nei quali il valore dell’aPTT rientrava nel range terapeutico1. Nei due studi, l’incidenza delle emorragie minori è stata complessivamente pari al 38,9% vs. 40,9% nei controlli.
Altri effetti indesiderati comuni associati al trattamento con argatroban sono stati anemia, nausea, trombosi venosa profonda, porpora e rash curtanei1.
Non è disponibile un antidoto specifico per argatroban. Un effetto anticoagulante eccessivo, in presenza o meno di emorragia, può essere controllato interrompendo immediatamente la somministrazione del farmaco oppure diminuendo la velocità di infusione1.
Dosaggio: 2 mcg/kg/min da somministrare per infusione continua La dose va aggiustata mantenendo il valore di aPTT tra 1,5-3. Dose e durata massima sono 10 mcg/kg/min e 14 giorni.
Costo
In un paziente di peso di 70 kg, il trattamento con argatroban ha un costo giornaliero di 175 euro; un analogo trattamento con lepirudina (150 mcg/kg/ora) ha un costo/die di 213 euro.
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Data di redazione 12/2008