Non esistono al momento studi in grado di definire la validità o meno di uno screening mediante dosaggio della vitamina D nella popolazione generale o in categorie di persone: una revisione della prestigiosa US Preventive Services Task Force (USPSTF) americana conclude che non è possibile fare raccomandazioni a favore o contro lo screening di popolazione4 mentre la linea guida NICE
 sostiene che l’esame della vitamina D non è giustificato al di fuori di particolari condizioni di rischio5 . Il clinico dovrebbe quindi prendere in considerazione il dosaggio della vitamina D principalmente in soggetti sintomatici (astenia severa, mialgie o documentata osteomalacia) in presenza di condizioni predisponenti6 . Predispongono alla ipovitaminosi situazioni ambientali dove la persona non si espone ai raggi UV in modi e per tempi adeguati (v. Vitamina D: figlia del sole IsF - anno 39, n. 2, 2015 pag. 17), tra essi anche adulti che per qualsiasi motivo non trascorrono tempi sufficienti all’aria aperta e non fanno uso dei cibi ricchi in vitamina D (vedi Tabella). Gli anziani istituzionalizzati sono in genere carenti di vitamina D: il dosaggio non aggiunge nulla e in questa categoria di persone vengono ritenuti utili supplementi vitaminici anche senza verificarne i valori di partenza. Condizioni di malassorbimento, congenite o acquisite, trattamenti protratti con determinate categorie di farmaci possono essere alla base di condizioni carenziali clinicamente rilevanti (vedi box)7 .