Sei qui: Home Page / Informazioni sui farmaci / Consulta la Rivista / Anno 2004 / Numero 5 del 2004 / Memantina
56 compresse 10 mg gocce 10mg/g 50 g |
€ 128,72
€ 114,93 |
La memantina è il primo di una nuova classe di farmaci proposti per il trattamento della malattia di Alzheimer. Si tratta di un antagonista non competitivo del recettore per l'N-metil-D-aspartato (NMDA), il recettore che viene attivato dal glutammato, il principale neurotrasmettitore eccitatorio a livello di corteccia cerebrale e ippocampo, le regioni cognitive e della memoria.
Nei soggetti affetti da demenza, la perdita di neuroni corticali sembra essere correlata ad una aumentata sensibilità o ad aumentati livelli di glutammato. Questo determina un flusso continuo di calcio all'interno dei neuroni, responsabile alla fine della morte delle cellule (fenomeno definito eccitotossicità). In questi pazienti, la memantina eserciterebbe la sua azione bloccando gli effetti di livelli patologicamente elevati di glutammato, comprese le alterazioni della funzionalità neuronale1. Questo spiegherebbe l'apparente contraddizione insita nel suo meccanismo d'azione: mentre nei soggetti sani l'antagonismo nei confronti del recettore per l'NMDA può inibire l'apprendimento e la memoria a lungo termine, nei pazienti affetti da demenza il farmaco contrasta la sovrastimolazione glutaminergica che danneggia i neuroni.
Dopo somministrazione di una dose orale, la memantina viene pressoché completamente assorbita, con una biodisponibilità che si avvicina al 100%. Raggiunge il picco di concentrazione plasmatica 3-7 ore dopo l'assunzione. La maggior parte del farmaco viene escreta immodificata con le urine; la rimanente parte viene convertita in metaboliti inattivi1,2.
Efficacia clinica
La demenza è una malattia progressiva, caratterizzata dalla perdita globale delle funzioni cognitive superiori, della memoria e della capacità di apprendimento. Con l'avanzare della malattia, le attività quotidiane risultano progressivamente compromesse e si manifestano cambiamenti radicali del comportamento. La malattia di Alzheimer è la forma più comune di demenza (due terzi dei casi3). Meno comune è la demenza vascolare (secondaria a patologie cerebrovascolari) suggerita in genere dalla presenza di ipertensione e di una storia di ripetuti episodi di tipo ischemico. Alcuni pazienti presentano sia una demenza di tipo Alzheimer che cerebrovascolare (demenza mista).
La perdita di neuroni colinergici, e la conseguente riduzione dei livelli di acetilcolina, sono le anomalie patologiche più rilevanti riscontrate nel cervello dei pazienti affetti da malattia di Alzheimer e costituiscono il razionale per il trattamento con gli inibitori della colinesterasi (donepezil, rivastigmina, galantamina). Questi farmaci, infatti, riducono la metabolizzazione dell'acetilcolina nel SNC, migliorando la trasmissione colinergica con una potenziale riduzione dei sintomi. Tuttavia, anche se tale terapia migliora il punteggio relativo alla funzione cognitiva, l'importanza pratica degli effetti prodotti dagli anticolinesterasici (miglioramento della qualità di vita, benefici per il paziente, per i congiunti e per chi lo assiste) è dubbia. Un recente studio non sponsorizzato da alcuna ditta, condotto con il donepezil nella medicina di base4 (AD2000), ha chiaramente dimostrato come i modesti benefici che il farmaco produce sui punteggi delle scale cognitive non si traducono in esiti rilevanti per la vita degli stessi pazienti come la progressione della malattia verso la disabilità o il ricovero in istituto.
L'impiego della memantina si fonda, invece, sul presupposto che i farmaci in grado di bloccare l'attivazione del recettore per l'NMDA possano produrre benefici clinicamente rilevanti nei pazienti con malattia di Alzheimer, essendo la malattia dovuta, almeno in parte, ad un'eccessiva attivazione del recettore per l'NMDA da parte del glutammato5. Il farmaco è stato studiato in pazienti con malattia di Alzheimer di grado da moderato a grave, nella demenza vascolare e nella demenza di qualunque origine ma solo la prima è l'indicazione autorizzata al momento (negli Stati Uniti è stata presentata domanda di registrazione anche nella malattia di Alzheimer di grado lieve-moderato).
Malattia di Alzheimer
Uno studio randomizzato, in doppio cieco, della durata di 28 settimane ha valutato l'efficacia della memantina, al dosaggio di 10 mg due volte al giorno, in 252 pazienti con diagnosi di probabile malattia di Alzheimer di grado da moderato a grave6 (punteggio MMSE fra 3 e 14). Un totale di 42 pazienti (33%) tra i 126 randomizzati a placebo e di 29 pazienti (23%) dei 126 randomizzati a memantina hanno interrotto il trattamento prima del termine dello studio. Le misure di esito primarie erano due: la variazione del punteggio, rispetto a quello iniziale, sulla scala CIBIC-Plus (Clinician's Interview-Based Impression of Change Plus Caregiver Imput) una misura validata che misura principalmente i cambiamenti globali nelle abilità cognitive, funzionali e relazionali utilizzando una scala a 7 punti, dove 1 corrisponde a un marcato miglioramento, 4 a nessun cambiamento e 7 a un marcato peggioramento; la seconda era rappresentata dalla variazione del punteggio sulla scala ADCS-ADLsev (Alzheimer's Disease Cooperative Study Activities of Daily Living Inventory modificata per i gradi più severi di demenza; non ancora validata) costituita da un questionario che misura la capacità di svolgere le attività quotidiane; un punteggio totale di 54 rappresenta il valore ottimale. Un peggioramento nel punteggio CIBIC-Plus si è verificato in entrambi i gruppi; il peggioramento era meno consistente con la memantina rispetto al placebo tra coloro che avevano completato lo studio (4,4 vs. 4,7) così come il peggioramento nel punteggio ADCS-ADLsev (-2,5 vs. -5,9). Da un'analisi successiva è emerso che la memantina non ha ridotto in modo significativo il bisogno di assistenza del paziente nel corso dello studio7. Non sembra che la memantina abbia ritardato l'istituzionalizzazione dei pazienti. Tuttavia, né il tempo dedicato all'assistenza al paziente né il tasso di istituzionalizzazione rappresentavano misure primarie di esito.
Uno studio in doppio cieco, randomizzato, controllato, della durata di 12 settimane, ha valutato l'efficacia della memantina al dosaggio di 10 mg al giorno in 166 pazienti con demenza di grado da moderatamente grave a grave (MMSE< 10) diagnosticata come probabile malattia di Alzheimer nel 48% dei pazienti o come demenza mista/vascolare nel restante 52%8. Le misure principali di esito erano rappresentate dal punteggio, valutato da uno specialista esperto, sulla scala CGI-C (Clinical Global Impression of Change), una scala di valutazione globale a 7 punti che ricomprende 3 classi di miglioramento (definito come una risposta al trattamento), una di "nessun cambiamento" e 3 di peggioramento (definito come non risposta) e dal punteggio sulla sottoscala della BGP (Behavioural Rating Scale for Geriatric Patients) relativa alla "dipendenza del paziente dall'assistenza", che valuta le alterazioni funzionali e comportamentali nei pazienti anziani e per la quale un miglioramento superiore al 15% è considerato clinicamente significativo e definito come risposta al trattamento. Entrambe le scale sono validate per la valutazione della demenza. L'analisi secondo il criterio dell"intention-to-treat" ha dimostrato che nel gruppo randomizzato a memantina aveva risposto al trattamento un numero maggiore di pazienti rispetto al gruppo randomizzato a placebo, secondo la scala CGI-C (73% vs. 45%). Per entrambi i gruppi, il miglioramento rispetto alla sottoscala della BGP relativa alla "dipendenza del paziente dall'assistenza" era stato superiore al 15%, anche se era stato più marcato con la memantina rispetto al placebo. I risultati relativi alla totalità dei pazienti erano sovrapponibili a quelli relativi al sottogruppo con probabile malattia di Alzheimer.
Al momento non sono disponibili dati di confronto con un inibitore della colinesterasi.
E' stato pubblicato invece uno studio randomizzato, controllato, in doppio cieco, della durata di 24 settimane, condotto su 403 pazienti con malattia di Alzheimer di grado moderato o grave, in cui la memantina è stata somministrata a pazienti già in trattamento con dosi stabili di donepezil9. L'associazione ha prodotto un miglioramento significativo delle abilità cognitive ed un minor declino nella capacità di compiere le attività quotidiane rispetto all'associazione di donepezil e placebo. L'associazione è risultata ben tollerata. Anche a questo studio sono state mosse critiche rispetto alla rilevanza clinica dei risultati10.
Effetti indesiderati
Negli studi, gli effetti indesiderati più comunemente associati al trattamento con memantina (1-10% dei pazienti) e che si sono verificati con maggior frequenza rispetto al placebo, comprendono allucinazioni (2,0% vs. 0,7%), confusione (1,3% vs. 0,3%), vertigini (1,7% vs. 1,0%), cefalea (1,7% vs. 1,4%) e affaticamento (1,0% vs. 0,3%)1. Gli effetti indesiderati rari (0,1-1% dei pazienti) che si sono verificati con maggior frequenza rispetto al placebo comprendono ansia, ipertonia, vomito, cistiti ed aumento della libido1. Poiché risulta obiettivamente difficile raccogliere dati accurati da pazienti con difficoltà di comunicazione, sia le percentuali che gli effetti indesiderati riportati potrebbero essere poco attendibili.
Avvertenze e precauzioni
La scheda tecnica indica che nei pazienti con una clearance della creatinina di 40-60 ml/minuto/1,73 m2, il dosaggio non deve superare i 10 mg al giorno, e raccomanda di non somministrare il farmaco a pazienti con insufficienza renale grave (clearance della creatinina inferiore a 9 ml/minuto/1,73 m2).
Non ci sono dati sull'impiego della memantina in pazienti con insufficienza epatica, ma sono poco probabili modificazioni clinicamente rilevanti della sua farmacocinetica.
Cambiamenti drastici della dieta capaci di aumentare il pH delle urine (ad esempio in caso di passaggio da una dieta iperproteica ad una dieta vegetariana), possono modificare l'escrezione della memantina, portando ad un accumulo del farmaco con aumento del rischio di effetti indesiderati.
Secondo quanto riportato in scheda tecnica, la memantina deve essere impiegata "con cautela" nei pazienti epilettici. La ditta produttrice raccomanda che il trattamento con memantina venga intrapreso sotto la supervisione di un medico esperto nella diagnosi e nel trattamento della demenza di Alzheimer e solo nel caso in cui sia presente una persona che segua il paziente e controlli che il farmaco venga assunto regolarmente1.
Interazioni
Deve essere evitato l'uso concomitante di altri antagonisti dell'NMDA come l'amantadina e il destrometorfano per il rischio che si manifestino psicosi. Gli effetti dei dopamino-agonisti, della L-dopa e degli anticolinergici possono essere aumentati per trattamento concomitante con memantina, mentre gli effetti dei neurolettici potrebbero essere ridotti. Poiché, teoricamente, la memantina può avere attività spasmolitica, potrebbe essere necessario ridurre il dosaggio di dantrolene e baclofene in caso di somministrazione concomitante. Inoltre, i farmaci che competono con la memantina per lo stesso trasportatore di cationi a livello renale (ad es. cimetidina, ranitidina, procainamide, chinidina, chinina e nicotina) possono, teoricamente, aumentarne le concentrazioni plasmatiche. L'escrezione dell'idroclorotiazide può essere ridotta in caso di somministrazione concomitante con memantina1.
Dosaggio e modalità di somministrazione
Il dosaggio raccomandato è di 5 mg al giorno per una settimana, da aumentare a 5 mg per 2 volte al giorno nella seconda settimana, e a 10 mg al mattino e 5 mg al pomeriggio nella terza settimana. A partire dalla quarta settimana, il trattamento dovrebbe essere continuato al dosaggio di 10 mg per 2 volte al giorno (mantenimento).
Costo
Il costo di 6 mesi di terapia con memantina al dosaggio di 20 mg al giorno, registrato come terapia di mantenimento, è di circa € 772, sostanzialmente equiparabile a quello degli inibitori della colinesterasi: alle dosi di mantenimento usualmente impiegate, il donepezil (Aricept e Memac) (5-10 mg al giorno) costa circa € 627,75- € 784,86; la rivastigmina (Exelon e Prometax) (3-6 mg per 2 volte al giorno) costa circa € 683,03, mentre la galantamina (Reminyl) (8-12 mg per 2 volte al giorno) ha un costo inferiore, circa € 347,37- € 392,56.
La recente revisione delle note (ex-CUF) da parte dell'Agenzia del Farmaco non ha incluso la memantina fra i farmaci erogabili a carico del SSN. La commissione ha deciso di mantenere a carico del SSN i 3 anticolinesterasici erogati fino ad ora nell'ambito del progetto CRONOS.
|